UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti 50 nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, progettisti, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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mercoledì 17 aprile 2024

EVA HESSE, LA FIBERT ART MAGIA QUOTIDIANA

 

Eva Hesse, nata ad Amburgo, Germania, nel 1936, emerge come figura commovente nella scena artistica del dopoguerra, una scultrice innovativa il cui contributo al minimalismo e al post-minimalismo ha lasciato un segno indelebile nonostante la sua breve carriera. 

Costretta a fuggire dalla Germania nazista con la sua famiglia all'età di tre anni, Hesse si stabilì negli Stati Uniti, dove le vicissitudini e i traumi dei suoi primi anni avrebbero più tardi permeato la sua visione artistica. Il viaggio artistico di Hesse iniziò nel fervente hub creativo di New York, dove studiò al Pratt Institute, alla Cooper Union e alla Yale University, quest'ultima sotto la guida di Josef Albers. I suoi primi lavori erano principalmente disegni e dipinti, aderendo a uno stile più astratto. Tuttavia, la vera trasformazione nel suo lavoro avvenne al suo ritorno in Germania nel 1964, dove lei e suo marito, lo scultore Tom Doyle, vissero in una fabbrica tessile abbandonata a Kettwig-an-der-Ruhr. Questo periodo fu fondamentale, poiché Hesse iniziò a sperimentare con materiali industriali, che portarono alle sue sculture rivoluzionarie. Le sue sculture, caratterizzate dall'uso di materiali non convenzionali come lattice, fibra di vetro e plastiche, sfidarono le forme rigide del minimalismo introducendo forme organiche, una sensualità tattile e un'espressività emotiva caotica.

Opere come "Hang Up" e "Contingent" sono esemplari, mostrando il suo uso innovativo dei materiali per evocare vulnerabilità e impermanenza. Tragicamente, la carriera di Hesse fu interrotta dalla sua prematura morte a causa di un tumore al cervello nel 1970, all'età di 34 anni. 

Tuttavia, la sua influenza perdura, celebrata per il suo lavoro pionieristico che ha ampliato le definizioni di scultura e materiali nell'arte moderna. L'eredità di Hesse è quella di resilienza e innovazione, segnandola come una forza significativa, sebbene poco riconosciuta, nel mondo dell'arte del XX secolo. 





 

giovedì 4 aprile 2024

ENRICO ACCATINO (1920-2007) – RIQUADRARE LA STORIA - la mostra che fotografa gli anni '60 e '70


 

…una pittura secca, essenziale, senza compiacimenti.

Pier Paolo Pasolini - 1950 

 

...vorrei vederti più spesso e se credi di farmi vedere la grande pittura che stai facendo te ne sarei grato. Abbiamo bisogno, per questa grande battaglia di rinnovamento dell'arte italiana, di tutte le forze nostre migliori. Una nuova fase è incominciata, superato il momento delle polemiche e della confusione dei termini...

Renato Guttuso - 1952 - lettera a Enrico Accatino

 

Uno degli esiti più sorprendenti di questi arazzi “spaziali” di Accatino è la loro qualificazione materiologica, in senso diverso dalla flessione pittorica del mezzo, puntando invece proprio sulla determinazione delle soluzioni tecniche…di qui, dunque, una grande ricchezza di risultati figurali, di veri e propri punti di arrivo, al di là di un semplice rinnovamento della tradizione dell’arazzeria.

Enrico Crispolti - 1970 


 

 

Il tempo, alla fine, ristabilisce le regole. Ed è bello sapere che alla Sala1, storica galleria di Roma, torna l’artista che nel 1970 aveva inaugurato il grande spazio espositivo che, all’epoca, occupava anche l’area dell’odierno teatro. A Piazza di Porta San Giovanni, sotto la Scala Santa, e volte che trasudano di storia, si snoda così un racconto fatto di lavoro e di visioni che ospita una selezione accurata di opere: arazzi, dipinti e sculture. 

Dal 1957 (inizio del ciclo astratto) sino al 1979, lavori fondamentali per comprendere il percorso e l’evoluzione dell’artista e per definire lo stato delle avanguardie in Italia tra gli anni ‘60 e ‘70. Non una “antologica”, quindi, ma una mostra tematica, parte di una attività che si è snodata senza interruzioni dal 1938 al 2005. Un progetto nato dalla collaborazione con l’Archivio Enrico Accatino a cura di Alfredo Accatino, figlio dell’artista e noto divulgatore dell’arte del Novecento, e Mary Angela Schroth, direttrice della galleria, Centro Internazionale d'Arte Contemporanea dove saranno esposte, dopo 60 anni, anche due tele presentate alla Quadriennale di Roma del 1964.



Un'esposizione apertasi il 22 marzo, e che proseguirà sino al 15 maggio in concomitanza con l’apertura dello studio dell’artista Enrico Accatino a San Basilio dove è stato ricostruito l’atelier del maestro dopo che una serie di allagamenti avevano danneggiato moltissime opere (alcune delle quali andate perdute) costringendo la famiglia a chiudere lo studio di Via Agri, sino allora conservato intatto.  Una storia che venne raccontata alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma (dove sono conservate due sue opere) per volontà della direttrice Cristiana Collu con un incontro accademico che vide i contributi critici di Giuseppe Appella e Claudio Strinati.

Il concerto (1966 su bozzette del 1947) e sculture anni '70 e '80


Da questo evento nasce quindi il processo di rilancio un artista importante, anche per il contributo che diede alla nascita dell’educazione artistica in Italia, portato avanti attraverso 400 trasmissioni televisive (1959-1963) per “Telescuola” e “Non è mai troppo tardi” e la scrittura di volumi fondamentali per la materia. Allievo di Felice Casorati, dopo una lunga esperienza a Parigi, dove entra in contatto con i maggiori artisti europei, inizia un processo di maturazione che dal figurativo, incentrato sul tema del lavoro, degli umili, degli ultimi – con il quale si aggiudica il prestigioso Premio Marzotto - approda all’astrattismo. Un processo di rarefazione dell’immagine che lo condurrà a una pittura aniconica rigorosa, materica, spesso giocato sul nero e sul grigio, che lo avvicina a Kline a Solauges e a Vedova. 

 

Enrico Accatino esplora ogni tipologia di tecnica e materiali, realizzando dipinti, sculture, opere di grafica e monotipi (acquisendo anche il torchio di Ottone Rosai). 

In più fu il primo a rilanciare in Italia la cultura tessile dedicandosi dal 1966 al rilancio dell'arazzo come linguaggio per soluzioni bi-tridimensionali (diaframma), promuovendo la fiber art in Italia, rappresentando la nazione alla prima “Biennale de la Tapisserie” di Losanna, con una "proposta agli architetti", vero e proprio manifesto dell'arte tessile, ripreso da molte testate di architettura e design, elogiato da Bruno Munari. È il momento di scoprirlo, riscoprilo, ricordarlo, per confrontarsi con una visione contemporanea, che prosegue intatta a quindici anni dalla sua scomparsa.

Ragionando, arazzo 1970


ENRICO ACCATINO

Genova 1920 – Roma 2007

 

Pittore, scultore, incisore, teorico dell'educazione artistica, nasce a Genova da una famiglia originaria del Monferrato, terra “idealizzata” dei suoi primi lavori. Dopo un inizio da autodidatta entra a 18 anni nello studio Felice Casorati. Allo scoppio della guerra, da semplice fante stringe amicizia con giovani intellettuali come Michele Prisco, Mario Pomilio, Gino Montesanto. Dopo il conflitto si trasferisce a Roma e si diploma all'Accademia di Belle Arti.

 

Nel 1947, insieme allo scultore Mino Guerrini parte per Parigi dove può finalmente confrontarsi con le nuove tendenze dell'arte europea, e dove frequenterà per quasi due anni maestri come Gino Severini, Alberto Giacometti, Eduard Pignon, Henri Laurens, Henri Matisse. Al rientro in Italia sviluppa un'arte figurativa ispirata a motivi sociali, vicino ad artisti come Fausto Pirandello d Renato Guttuso, che gli acquistò le sue prime opere.

 

Vinta la medaglia d'oro alla Biennale di Salisburgo la sua produzione artistica produce grandi "Cicli" figurativi, come quelli delle Madri, dei Pescatori, degli Annegati, della Mattanza, quest'ultimo ispirato dall'esperienza come "tonnarotto", presso la tonnara di Carloforte, in Sardegna. Nel 1951 si aggiudica la prima edizione del “Premio Marzotto”, confermandosi come uno dei più interessanti giovani talenti della pittura italiana del dopoguerra.

 

I primi quadri non figurativi nascono negli anni cinquanta. Prende così vita una pittura severa, che permette oggi di affiancare il suo nome a quello dei grandi maestri dell’informale e dell’astrattismo. Da allora il motivo caratterizante sarà la "circolarità": cerchi, dischi, mandala, declinati attraverso incisioni, sovrapposizioni, collage (le ormai celebri "Carte Costruite"). 

 

Attento studioso e teorico dell'arte, Accatino sperimenterà le più diverse tecniche espressive (pittura, disegno, scultura, mosaico). Acquistato negli anni '70 il torchio di Ottone Rosai realizzò numerose opere grafiche, e monotipi. Fu tra i primi a diffondere la cultura della tessilità, dedicandosi dal 1966 al rilancio dell'arazzo promuovendo la fiber art in Italia con una "proposta agli architetti", manifesto dell'arte tessile ripreso da testate di architettura e design, elogiato da Bruno Munari. In questo percorso formò le manifatture di Penne, Castelmassa, Monopoli, Milano, Sassari, promuovendo decine di corsi di aggiornamento.

 

Sposato con la poetessa e scrittrice Ornella Angeloni, coautrice di molte sue pubblicazioni ha avuto tre figli. A partire dagli anni '50 ha vissuto a Roma, aprendo lo studio prima a Via Chiana, poi a Via Agri. Lo studio, danneggiato da numerosi allagamenti è stato ricostruito a San Basilio.

 

In parallelo all'attività artistica Enrico Accatino è stato tra i primi in Italia a modernizzare la didattica delle arti visive. Dal 1960 al 1964 registra con la Rai 400 trasmissioni televisive (Telescuola - Non è mai troppo tardi) e partecipa alla redazione del nuovo programma della Scuola Media, realizzando in seguito testi di Educazione artistico-visiva e Storia dell'Arte fondamentali per il rinnovamento della disciplina. A partire dagli anni '60, superando i confini dell'handicap proporrà i linguaggi dell'arte come esperienza nelle disabilità mentali tra i bambini, realizzando progetti pilota e mostre didattiche.

 

Nel corso della sua attività artistica ha ottenuto importanti riconoscimenti nazionali e internazionali, ha partecipato alla Quadriennale di Roma e alla Triennale di Milano. Sue opere sono conservate in musei e istituzioni, tra cui la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma. 

 



la locandoina dell'evento alla GNAM del 2019




la mostra di un grande artista italiano del novecento, arazzi, sculture, dipinti

 

 

 

 

 


 


martedì 28 giugno 2022

L’AMANTE DEL PITTORE. GERALD & DORETTE (LA SPUDORATA)


Gerald Leslie Brockhurst (1890 – 1978) è stato uno dei più famosi e apprezzati ritrattisti inglesi tanto da immortalare negli anni ’20 e ’30 la principessa di Windsor e altri membri della famiglia reale, o dive come Merle Oberon e Marlene Dietrich. 
Adotta sempre uno stile anomalo e acido, a tinte fredde, che lo pongono un palmo sopra a tantissimi professionisti di genere, tanto che già al tempo un suo ritratto costava 1000 ghinee e non era destinato a gente comune. Ha soprattutto un approccio analitico e psicoanalitico che, secondo me, in alcuni casi, lo colloca tra i maestri del Modern Realism internazionale. Aveva anche una moglie, Anaïs, della quale troverete un'immagine in coda all'articolo, e una vita che, dall'esterno, appariva borghese e abitudinaria.
 


Questa la prima parte. La seconda inizia  in rete, sino a fermarsi su questo ritratto ipnotico:  Jeunesse Dorée (1941/42), Lady Lever Art Gallery, Liverpool, che ho voluto come cover di Outsiders 3.
Quadro e autore di cui in Italia non esisteva alcuna imformazione. Lo sguardo è duro e triste, le labbra morbide e tumide, i capezzoli quasi forano la lana di un orribile golfino nello stile dell'epoca.
Ma sono gli occhi che colpiscono.
Rimandano un vortice di peccati e di infinita tristezza, che sembra quasi far rumore. Ha le sopracciglia fini da strega cattiva che puntano in giù, all'incavo degli occhi. Dovrebbe celebrare la giovinezza, esplora il desiderio.
Dopo questo ritratto ne trovo altri. Tutti straordinari e un po’ disturbanti. Come Adolescenza, con la ragazza dagli occhi tristi poco più che bambina.

Dorette nell'incisione Adolescenza, 1932

Due anni dopo il primo intercetto, scopro casualmente che la ragazza era la sua amante, da lui ribattezzata "Dorette". L'aveva conosciuta appena diciottenne  come modella, perdendo completamente la testa. Rimase, però a lungo, solo l'amante, sino a quando dopo anni, stanco di sotterfugi Dorette (che in realtà si chiamava Kathleen Woodward), fece scoppiare il tema dell'adulterio volontariamente nel corso di una intervista al Sunday Express, facendo saltare il matrimonio, tanto che il pittore lascia la moglie per trasferirsi con lei in America a continuare una carriera di successo. Ha realizzato moltissimi suoi ritratti, anche dopo i fatti raccontati, dove diventa "La signora" e, anche lei, si imborghesisce.
Ah, dimentincavo. Quando scoppiò la bomba uscì fuori anche che prima di Dorette, Gerald aveva già tradito sua moglie intrecciando una lunga relazione con la sorella di lei. A dimostrazione che in Inghilterra una vita abitudinaria, poteva sempre essere ricca di sorprese.
 


Gerald mentre in studio realizza il ritratto di Merle Oberon







Gerald e Dorette sposi

 2 portraits of the artist's first wife, Anaïs Folin



sabato 22 gennaio 2022

JOSEPH E. YOAKUM. L’UOMO CHE DISEGNAVA IL MONDO.

 

»Te lo dico, ci sono pochi posti in cui non sono stato... 

di qualsiasi dimensione. E non c'è niente che non abbia sofferto nel vedere le cose in prima persona.

Andavo ovunque mi portasse la mente. Sono stato dappertutto in questo mondo, per quattro volte».

Joseph Yoakum


Joseph E. Yoakum (1890-1972), all’età di 71 anni cominciò a realizzare a Chicago i suoi originali paesaggi, composizioni capaci di fondere in un equilibrio delicato realtà e fantasia, descrivendo la sua inclinazione al viaggio tra reale e l'immaginario. Un viaggio che lo ha portato addirittura al MoMa di New York, il tempio dell'arte.
Siamo alla fine degli anni ’60 e la maggior parte del suo lavoro consiste in paesaggi dai colori radiosi con montagne, acqua, alberi e strade tortuose in configurazioni astratte e complesse. Eppure è talmente dedicato al progettoi che arriva a realizzare sino a un disegno al giorno.

A volte Yoakum affermava di essere un purosangue "Nava-joe "Indiano, uno dei dodici o tredici figli nati da un contadino in una riserva indiana a Window Rock, in Arizona. Altre volte ha insistito sul fatto di essere di origine afroamericana. Ma a plasmare il suo animo da avventuriero furono i circhi itineranti: a nove anni, abbandonò casa e famiglia nel Missouri per lavorare all’Hagenbeck-Wallace Circus. Ha affermato di aver lavorato con Buffalo Bill prima del 1903, quando divenne il cameriere personale di John Ringling del Ringling Brothers Circus. Tra il 1905 e il 1910, Yoakum potrebbe aver visitato Europa (Roma compresa), Russia, Messico, Medio Oriente, Cina, Siberia, Canada, America Centrale e Sud America. Il suo primo matrimonio avvenne intorno al 1910 e portò cinque figli. 

Si risposò nel 1929. Quando la guerra devastava l’Europa, verrà arruolato in un’unità non combattente di soli afroamericani, in compagnia dei quali solcherà le terre del Vecchio Continente.


Nelle sue centinaia di variazioni, reali o immaginarie, le montagne e l'acqua sono i temi principali. Tra il 1965 e il 1970 Yoakum disegnava costantemente e talvolta completava diversi quadri al giorno, spesso simili nel tema, ma nettamente diversi nel design. Teneva un assortimento di libri di viaggio, un atlante e l'Enciclopedia Britannica e si impegnava molto per includere iscrizioni che nominassero dettagli geografici che andavano dalle valli ai continenti. Le sue convinzioni religiose erano radicate nell'idea che Dio e la natura fossero la stessa cosa.


Joseph E. Yoakum Mt Grazian in Maritime Alps near Emonaco Tunnel France and Italy by Tunnel stamped 1958





 

martedì 26 ottobre 2021

MARIO DE MAIO. L’EDITORE/ARTISTA CHE SCELSE DI EDITARE SOLO LIBRI D’ARTISTA IN POCHISSIME COPIE. I SUOI.

Di Maio ci mostra dipinti che sono costruiti con texture inventate (che provengono cioè da una natura interiore invece che da una natura esteriore), costruiti con strisce di cartoncini preparati, sensibilizzati al punto che l’osservatore è spinto a cercare nella natura esteriore, nell’ambiente quotidiano qualcosa che corrisponda alla sensazione provata.

Bruno Munari, 1984

 


 

Siamo la prima generazione che svanirà per sempre, come lacrime nella pioggia. Tutto il materiale digitale si disperde, si riduce in definizione in pochi passaggi, viene dimenticato, cancellato, affidato alla resilienza di un server esterno forse posizionato in Pakistan o nel Montana. Così le nostre foto non si troveranno più nei mercatini delle pulci del 2100, non ci sarà più nessuno disposto a riscoprirci, e noi saremo solo un nome in un database. Ci saranno ancora i libri, molti di meno di adesso, dimostrando come la carta sia più forte di ogni cosa. E i libri d’artista saranno quelli più curati e coccolati come mai, passati di mano in mano come vere opere d’arte.

Un'intuizione figlia delle avanguardie storiche (tra futurismo e avanguardie russe). Anzi nel testo di Marinetti Gli indomabili (1922) si teorizzava “una smaterializzazione del libro consueto per una trasfigurazione e decontestualizzazione in forme e materiali che esaltino il contenuto di un libro-oggetto d'arte o ne indichino un senso inusuale ma sempre nell'esaltazione del valore culturale, formativo, creativo che un libro può ricoprire.  Per questo erano nate le “litolatte”, "libri indistruttibili". Da Depero a Isgrò, sino all’arte concettuale il passe è veramente breve ma fra tanti nomi illustri, vorrei porre luce su un grande maestro nascosto.

Mario de Maio, nato a Torino il 14 novembre del 1928, pittore segreto dal 1945 dopo gli studi giuridici, ha tenuta quasi nascosta la sua attività, dovendo dirigere per oltre trent’anni la Casa editrice Carlo Signorelli di Milano, una gloria della produzione scolastica italiana, poi confluita nel 2000 nel gruppo Le Monnier, poi nella Mondador. Personaggio di peso nell’editoria italiana con l’attivo milioni di copie e grandi successi editoriali soprattutto nel settore didattico ed educativo, per anni ha tenuto quasi nascosta la sua attività che lo ha visto comunque realizzare quasi centro mostre in Italia e all’estero, protagonista della cultura d’avanguardia dagli anni ’60 agli anni ’70. Per poi approdare alla creazione di libri d’arte, libri d’artista (autentiuci libro oggetto) in tiratura limitatissima che spesso regalava ai suoi amici editori e pittori, lasciando negli anni '90 la storica casa editrice

Queste le opere che vogliamo presentare, nella rarefazione della forma classica dello stile pittorico di Mario de Maio, intrise di Paul Klee, quello che Lucas Jackson definì “uno spoglio cromatismo” che attirò l’ammirazione di Bruno Munari che così scrisse: “… i suoi piccoli dipinti, così essenziali, così precisi, così accuratamente progettati e contenuti in una struttura appena necessaria per tenere assieme tutti gli elementi della composizione”.

Trasferitosi a Milano dal 1945 dal 1962 ha realizzato collages cartacei e lignee strutture multipercettive, costruzioni con telai quadrati monocromi, sculture di ferro, libri in copia unica e libri d’artista. Nel 1985 è co-fondatore di “Nuova Visualità”. E’ stato invitato alle principali mostre nazionali e internazionali sul costruttivismo, concretismo, cinevisualismo e a importanti rassegne d’arte a Stoccarda, Zurigo, Bachenbulach, Roma (Quadriennale), Stoccolma, Saragozza, Bucarest, New York. Mario de Maio è mancato nel 2010.



Mario de Maio, pittore ed editore (Torino 1928 - Milano 2010)